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Cinema

In uscita il film ''L'ultimo crodino''

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOQuesta tragicommedia ripercorre la vera storia del trafugamento della bara di Enrico Cuccia, grande personaggio della finanza italiana, ad opera di due balordi della Val di Susa, Pes e Crodo, che stremati dalle difficoltà economiche e familiari cercano di riscattarsi diventando imprenditori.

Non riuscendoci, si fanno prendere dalla disperazione e tentano il colpo grosso chiedendo un riscatto alla famiglia Cuccia per la restituzione della bara rubata. In una girandola di situazioni grottesche e ingenue al limite del paradossale, tanto da suscitare spesso l’ilarità nel pubblico, i due verranno scoperti ed incriminati, ma la famiglia Cuccia quando si renderà conto della reale portata dei due, deciderà di ritirare la denuncia per non infierire oltre. Qui di seguito le interviste al bravissimo Enzo Iacchetti ed al raffinato regista del film, che anche se effettuate in momenti diversi, presento qui come in un colloquio virtuale a tre.

D. Da dove nasce l’idea del film?

Spinazzola: Nasce da una notizia di cronaca, da un fatto talmente assurdo e folle che se fai questo lavoro non puoi non tener d’occhio.

D. Quanto tempo ci è voluto per preparare la sceneggiatura?

Spinazzola: E’ stato necessario un lungo lavoro con gli sceneggiatori di documentazione su articoli, su documenti della procura.. ma è stato entusiasmante perché più si andava a fondo e più si trovavano situazioni paradossali e noi ci chiedevamo: “ Ma la gente crederà che questi due han fatto tutte questo? Perché la storia è così grottesca, ridicola da sembrare quasi inverosimile. E invece al novanta per cento ciò che viene raccontato nel film è tutto vero e solo per un dieci per cento ci siamo presi delle libertà drammaturgiche per esigenze di copione.

D. Come mai ha deciso di interpretare questo film?

Iacchetti: Perché mi piaceva il soggetto ma soprattutto perché amo recitare. Mi sono cimentato in questo film accettando anche uno scarso cachet perché vorrei far capire alla gente che sono un attore. E questo film mi dava l’opportunità finalmente di interpretare una parte drammatica e complessa. Ho rammarico per il modo di intendere l’attore in Italia. Nonostante il teatro di livello come “The producer” e “Provaci ancora Sam” che ho interpretato, per la gente e per gli operatori sono sempre quello di “Striscia la notizia”. Non riesco ad uscire fuori da quello stereotipo. Spero che questo film me ne dia l’opportunità.

D. Com’è caduta la scelta su Enzo Iacchetti? Che io tra l’altro trovo adattissimo per l’umanità che riesce ad esprimere.

Spinazzola: C’è una storia per questa accoppiata ( E.Iacchetti e R. Tognazzi). Io fin dall’inizio volevo loro e non ho mai ceduto su questo. Funzionano bene come fisicità, hanno due belle facce credibili per l’ambientazione nella Val di Susa e sono dell’età giusta. Tognazzi era giusto per la sua faccia pacioccona, ma anche per fare il capo dei due. Per Iacchetti invece ho dovuto fare una grande battaglia perché è sempre difficile quando vuoi portare un attore popolare e comico in un ruolo drammatico. Però conosco Enzino, lo stimo tanto ed è un grande attore e poi ha questa malinconia negli occhi che mi interessava per il personaggio. Pes è il “braccio” e non la “mente” della situazione ma spesso quando si costruisce un carattere si tende a farlo un po’ scemo. Invece quello che mi piace di Iacchetti è che sì, è il braccio, ma mantiene quella intelligenza paesana, quello sguardo vispo e anche buono e stanco della vita, che lo rende umano. Ecco, secondo me Iacchetti incarna tutte queste cose qua.

D. Che cosa esprime il suo personaggio?

Iacchetti: L’ ingenuità di Pes è talmente vera che fa ridere. E’così disperato per problemi di famiglia, di lavoro, di soldi da non sapere dove sbattere la testa. E così si lascia coinvolgere in una losca vicenda, fidandosi del suo amico Crodo, peggiorando ulteriormente la situazione.

D. Che cosa ha comportato interpretare Pes?

Iacchetti: Lì nella valle era freddissimo, c’era un gran vento, spesso giravamo di notte e per recitare mi mettevo tre paia di calze e le mutande lunghe che portano gli alpinisti. Ma un attore si deve . cimentare , si deve mettere in gioco, e deve saper fare tutto, deve essere completo. Saper cantare, come essere drammatico. Nel Cast anche il bravissimo Marco Messeri, Serena Autieri e Dario Vergassola.

 

Anna Gorrieri


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Vincere: storia di uno scandalo segreto

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOIl film "Vincere" del regista Marco Bellocchio, è stato l'unico film italiano in concorso per la Palma d'oro al Festival di Cannes 2009. Prodotto da Offside di Mario Gianani, Rai Cinema e Celluloid Dreams, con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il film racconta la storia di Ida Dlaser , Benito Mussolini fin dal momento del loro incontro, quando lui era ancora agli albori della politica, e del figlio che nascerà dalla loro relazione, Benito Albino Mussolini.

La struttura del film si presenta singolare, in quanto alterna alla recitazione di Filippo Timi nel ruolo di Benito Mussolini e Giovanna Mezzogiorno in quello di Ida Dalser, moltissimi spezzoni di cinegiornali dell'epoca, presi dall'archivio dell'Istituto Luce.

Lo stesso regista ha definito il suo film "Un melodramma futurista", precisando che il film" affonda le sue radici proprio nel melodramma, mentre la sua caratteristica futuristica si esprime in un montaggio d'attacco e molto veloce. Non dimentichiamoci che questo movimento è stato soprattutto un' espressione figurativa e non musicale o letteraria".Sull'utilizzo dell'immagini d'archivio dell'Istituto Luce, Marco Bellocchio ha detto poi che "è stato un bel lavoro quello che abbiamo fatto con la montatrice Francesca Calvelli, perchè siamo riusciti a creare un corpo unico dove non ci fosse il documentario a spiegare gli eventi, ma la narrazione stessa".Bellocchio ha anche precisato, sul fatto che all'interno del film oltre ad essere state usate immagini di cinegiornali dell'epoca siano diverse scene ambientate in sale cinematografiche:"Io ho pensato alla grande importanza che il cinema aveva in quegli anni come intrattenimento di massa, ancora, ma in quegli anni aveva una importanza straordinaria e quindi mi interessava anche conoscere la storia di Italia e d'Europa attraverso anche situazioni cinematografiche. Anche perché mi interessava rappresentare il giovane Mussolini nella prima parte del film e poi farlo scomparire e poi rivederlo al cinema . E ida lo rivede al cinema com'è nella realtà ,come tutti lo conosciamo nella marcia su Roma, poi quando fa i discorsi. Per avere poi la possibilità di utilizzare lo stesso attore, Filippo Timi, nel ruolo tragico del film. Questo era un po' la struttura del film che mi ero dato e che ho difeso nel montaggio".

Il film copre un periodo di tempo molto lungo e offre lo spunto per vedere un pezzo della nostra storia dal punto di vista di una donna che per quei tempi poteva definirsi moderna ed emancipata. Ida Dalser infatti si innamora pazzamente di Mussolini ma anche della sua idea di trasformare l'Italia e per aiutarlo nella realizzazione dei suoi ideali, vende tutti i propri beni per finanziare la nascita del giornale "Il Popolo d'Italia". Il film si incentra sulla sfortunata storia di Ida e di suo figlio, che dopo il rifiuto di lei ad essere ripudiata ,verranno chiusi in manicomio e lì moriranno.

Bellocchio sulla figura di Ida Dalser ha detto: " Mi ha colpito la figura di lda, perché non ha accettato nessun compromesso, nel momento in cui è stata abbandonata ha cercato in tutti i modi di riconquistare Mussolini però a differenza di altre donne che sono state con Mussolini non ha accettato un ruolo secondario e questo in un certo senso ha condannato lei e il figlio. Questa sua ribellione totale in qualche modo è la cosa che maggiormente mi ha affascinato.

Bellocchio poi ha detto che prima di iniziare il film è stata fatta una lunga ricerca per reperire ed esaminare i documenti sulla vicenda ed ha aggiunto:"Nella storia vera il cognato prende dei documenti, li mette in una cassetta di ferro e li sotterra. Alla fine della guerra andrà a cercarli ma purtroppo buona parte di questi documenti, per il fatto che si era infiltrata dell'acqua nella cassetta, era andata perduta. Restano comunque delle lettere e qualche documento come per esempio quello in cui Mussolini riconosce di essere il padre di Benito Albino o le cartelle cliniche del manicomio di Pergine e queste permettono abbastanza bene di ricostruire la storia di Ida Dalser. Non si ritroverà mai, e questo rimarrà un'incognita, il documento di un suo eventuale matrimonio con il Duce, di questo non c'è la prova certa. Questo è rimasto un mistero".

 

Anna Gorrieri


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Osvaldo Desideri: artista, scenografo e....

Ci vorrebbero pagine e pagine per raccontare la storia già scritta e i progetti futuri di Osvaldo Desideri, artista, scenografo, che tra i vari premi e riconoscimenti alla sua professionalità ha anche vinto un Oscar nel 1988 come miglior scenografia insieme a Ferdinando Scarfiotti e Bruno Cesari per aver contribuito a fare del film L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci un vero capolavoro. La sua storia è quella di un uomo che si è fatto da solo, l’ infanzia a Borgo Pio a giocare vicino al Vaticano e poi l’adolescenza a Fermo, nelle Marche, perché in tempo di guerra, a Roma, la vita per la sua famiglia si presentava più difficile che non per gli zii nelle Marche, terra che lo segnerà profondamente fino a fargli dire che il suo successo nel lavoro lo deve in gran parte proprio a quella terra e alla dedizione al lavoro che lì ha appreso. La sua passione era stata sempre il cinema e così a Roma ci torna dopo il diploma all’Istituto Tecnico Industriale di Fermo per cominciare a frequentare quell’ambiente, ma suo zio, Ernesto Pompei, che forniva le calzature alle più grandi produzioni cinematografiche dell’epoca, in qualche modo non lo appoggiava, sognando per lui un f u - turo in altri ambiti. Ma è qui che comincia a vedersi il carattere di Osvaldo Desideri, che come lui stesso lo definisce, è delicato, dolce, ma forte. Comincia infatti a fare da modello insieme al cugino, per i calzari che lo zio sta preparando per il film “Cleopatra” e continua ad andare a bottega tutti i giorni con una grande dedizione, il primo ad arrivare, l’ultimo ad andare via. Pensava: ” Se sto qui ogni giorno, incontrerò qualcuno di importante”. E così successe. Da quel momento fu un continuo sentirsi chiedere – “ Vieni a lavorare con me ?” da costumisti, arredatori, scenografi, e da lì non è più finita. Da semplice vestiarista all’inizio, guadagnando venticinquemila lire alla settimana, più di un professore al mese, passa in poco tempo ad assistente scenografo per “La lama nel corpo” (1966), film di Lionello Felice con Françoise Prévost , e compra il primo vestito a giacca e la valigetta 24 ore; dopo poco l’incontro fertile con Scarfiotti che aveva lavorato con Luchino Visconti in teatro, e con lui a lavorare in tanti film cominciando da “Scusi facciamo l’amore?” di Caprioli, al “Conformista” di Bertolucci, “Morte a Venezia” di Visconti. Continua poi con “Avanti” di Billy Wilder, con Jack Lemmon , “C’era una volta in America” di Sergio Leone, per proseguire con un elenco inarrestabile di film fino ai giorni nostri, perché Osvaldo Desideri, da vero innamorato del suo lavoro, è ancora in piena attività, e ha coinvolto in questo anche la moglie Eva, anche lei scenografa di grande talento. Perseguire questa professione lo ha portato ad incontrare anche il grande amore nella vita. Alla domanda “Come il successo ha bussato alla tua porta e come tu gli hai aperto?” che faccio a tutti i miei intervistati illustri, Osvaldo Desideri ha risposto: Si è vero ha bussato, ma io gli ho dato una grande mano. Da buon marchigiano ho saputo programmare tutti i miei passi nella mia vita. Mi ha guidato il detto di quella terra: “Non ti regala mai nulla nessuno, datti da fare”.

 

Anna Gorrieri

 


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